Un equilibrio precario tra rimbalzi tattici e crepe strutturali
Nel secondo trimestre i mercati hanno premiato selettività, controllo valutario e duration contenuta, mentre la dispersione geografica e settoriale ha esaltato il ruolo della gestione attiva. Tecnologia e small cap europee sugli scudi, Cina e obbligazionario USA ancora in apnea.
Europa, Asia e ritorno selettivo al rischio
Il secondo trimestre si è chiuso con un quadro disomogeneo ma non privo di segnali costruttivi, in particolare nelle aree geografiche meno affollate dal consenso. I fondi azionari hanno beneficiato in modo selettivo del miglioramento del sentiment su alcune piazze periferiche. L’Asia ha brillato grazie alla Corea, protagonista di un’accelerazione marcata alimentata dalla tecnologia e da un ritorno di flussi esteri. Buoni anche i ritorni di Giappone ed emergenti euro hedged, soprattutto nelle versioni mid e small cap. Al contrario, Cina, India, Indonesia e Thailandia hanno chiuso in territorio negativo, frenate da prospettive macro incerte e deflussi sistemici. In Europa si è distinta l’Italia, assieme ad Austria e Paesi iberici, con le strategie value e le mid-small cap a sovraperformare nettamente le large cap. Gli azionari USA in valuta coperta hanno registrato ritorni a doppia cifra, mentre le versioni non hedged sono risultate penalizzate dall’apprezzamento del dollaro.
Tematici e settoriali a due velocità
Il comparto tematico e settoriale ha mostrato una forte polarizzazione. La tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, la robotica e l’informatica globale, ha segnato le performance più brillanti, con rendimenti superiori al 10%. Il fintech europeo hedged si è imposto tra i best performer, seguito da telecomunicazioni, beni industriali e lusso. In ritirata l’energia, sia tradizionale che alternativa, e i comparti difensivi come sanità e agricoltura. I fondi legati alle materie prime hanno offerto esiti misti: positivi i metalli preziosi (soprattutto in versione hedged), deboli le risorse naturali e i metalli industriali. L’universo ESG ha generato risultati moderatamente positivi, con Asia Pacifico ed emergenti in lieve vantaggio rispetto all’area euro e USA.
Obbligazionario sotto pressione, ma non ovunque
L’obbligazionario ha riflesso le tensioni su tassi, curve e valute, offrendo una mappa di performance fortemente disarticolata. I comparti più resilienti sono stati i convertibili euro e globali, i governativi europei a breve-medio termine e gli high yield in euro e dollari, sostenuti dalla compressione degli spread. In forte calo i titoli statunitensi a lunga scadenza, insieme a governativi emergenti e strumenti inflation linked globali. L’intero blocco USA ha sofferto la rigidità della Fed, con rendimenti negativi su tutta la curva. Anche i fondi su valute emergenti e duration lunga hanno registrato perdite trasversali. Le componenti monetarie in dollari restano sotto pressione, mentre i fondi monetari in euro e franco svizzero hanno garantito rendimenti positivi ma contenuti.
ETF, leva e dispersione
Nel mondo ETF, la volatilità ha agito da principale driver. Le strategie leveraged long hanno amplificato i guadagni delle aree più forti, in particolare l’equity globale, la tecnologia USA e la Corea. Al contrario, le controparti short o settoriali difensive hanno subito perdite a doppia cifra. I comparti su energia, alimentari e agricole, soprattutto in versione a leva, sono stati penalizzati da dinamiche di roll negative e da un quadro tecnico ostile. Le strategie ETF che combinano copertura valutaria, selettività geografica e fattori tematici si sono dimostrate le più efficaci, confermando la centralità di un approccio attivo anche nell’universo passivo.