RAPM – Risk Adjusted Performance Measures

Un portafoglio, un fondo, o un investimento in generale dovrebbero sempre essere accompagnati da una misura della propria performance e da una misura della propria rischiosità. Entrambe sono in grado di ordinare, secondo opportuni criteri, l’insieme delle alternative sotto esame, ma lo fanno in modo miope. Infatti, visti singolarmente questi indicatori rispondono a domande del tipo:

  1. Qual è il portafoglio che offre il rendimento più alto?

  2. Qual è il portafoglio che espone al rischio più basso?

Nulla di concettualmente sbagliato fino a qui, ma bisogna evidenziare che raramente queste domande vengo poste in modo isolato. È sempre più comune invece porsi, o vedersi porre, una domanda del tipo:

  • Qual è il fondo che offre il rendimento più alto in base al rischio assunto?

Utilizzare due misure distinte, una per il rischio ed una per il rendimento, permette di rispondere facilmente a quest’ultima domanda solo in particolari casi: avendo due portafogli con lo stesso rendimento è pressoché scontato scegliere quello con il rischio inferiore, mentre tra due investimenti con lo stesso livello di rischio è sempre preferibile quello che offre il rendimento maggiore (a meno di un ottica assicurativa). Problemi invece nascono nel mondo reale, dove si hanno rendimenti e volatilità eterogenee.

Da questa necessità sono originate le misure di performance aggiustate per il rischio, cioè indicatori sintetici che esprimono in un unico numero sia una misura della performace di un fondo, o portafoglio, sia una del suo rischio. In generale, se X è un indicatore di performance ed Y una di rischio, un indicatore RAP (Risk Adjusted Performance) ha la forma X/Y. La filosofia alla base di queste misure è molto semplice: tra due gestori di fondi, il più bravo è quello che riesce ad ottenere il rendimento più alto per unità di rischio assunto.

Esistono però diverse misure di performance corrette per il rischio, ognuna con il suo scopo preciso o campo di applicazione specifico. Ecco quelle maggiormente diffuse.

Indice di Sharpe: misura il rapporto tra il maggior rendimento di un fondo, al netto del rendimento non rischioso, e la sua volatilità. A parità di rendimento, tale indice diminuisce all’aumentare della rischiosità del fondo mentre, a parità di volatilità, cresce all’aumentare del rendimento. Questo indicatore rappresenta l’extra-rendimento del fondo per ogni unità di rischio, e dunque premia quei fondi con il maggior rendimento ottenuto ed il minor rischio assunto. Un elevato valore dell’indice di Sharpe indica una maggiore abilità da parte del gestore del fondo nell’ottimizzare il rapporto rendimento-rischio.

Indice di Sortino: simile all’indice di Sharpe ma utilizza una differente misura della rischiosità del fondo, concentrandosi solo sul rischio di extra-rendimenti negativi. L’indice di Sortino è il rapporto tra l’eccesso di rendimento del fondo, rispetto al rendimento minimo accettabile, che solitamente è il risk-free, ed il Downside Risk (DSR). L’idea alla base di questa misura è che l’investitore voglia proteggersi solo dal rischio legato a rendimenti minori di quello minimo accettabile, e non dal “rischio” di rendimenti maggiori.

Indice di Modigliani: rappresenta una misura del rendimento che il fondo avrebbe garantito se avesse avuto la stessa volatilità del benchmark. Essendo l’indice di Sharpe l’extra-rendimento del fondo per unità di volatilità, l’indice di Modigliani si calcola come il prodotto tra l’indice di Sharpe del fondo e la deviazione standard del benchmark di riferimento. Questo indice viene espresso in unità di rendimento percentuale, rendendone l’interpretazione molto intuitiva.

Indice di Treynor: nel caso di un portafoglio ben diversificato, il CAPM ci dice che il mercato remunera solo l’esposizione al rischio sistematico β (Beta), che è appunto quella componente del rischio non diversificabile. L’indice di Treynor esprime il surplus di rendimento del portafoglio rispetto al titolo non rischioso, per unità di rischio sistematico. Si calcola dunque come l’eccesso di rendimento del portafoglio rispetto al titolo risk-free fratto il Beta.

Information Ratio: tale rapporto sintetizza sia una misura di extra-rendimento, sia una misura di extra-rischio di un fondo. È espresso mettendo al numeratore la differenza tra il rendimento di un fondo ed il rendimento del benchmark di riferimento, mentre al denominatore troviamo la Tracking Error Volatily. Chiaramente, un valore elevato dell’information ratio dimostra l’abilità del gestore di un fondo nel massimizzare il rendimento differenziale rispetto al benchmark, minimizzandone al contempo la variabilità rispetto al benchmark stesso.

Clemente De Rosa

Centro Studi FIDA